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Alessandra Tomassini, una vita per i pipistrelli

di Marco D’Amico

A colloquio con una delle maggiori esperte di recupero e gestione dei chirotteri in Italia che – per la prima volta nel nostro paese – ha messo a punto una tecnica di alimentazione nata negli Stati Uniti.

Competenza, professionalità e passione. Sono queste le caratteristiche che l’hanno portata a diventare in pochi anni, tra le maggiori esperte in Italia del recupero di un animale da sempre bistrattato, temuto e incompreso: il pipistrello.
Lei è Alessandra Tomassini, romana, laureata in Scienze Naturali e dottorata in biologia animale e dell’uomo presso l’università La Sapienza con una tesi sulla sinantropia dei chirotteri e con un’esperienza decennale nel recupero e gestione dei pipistrelli. E’ dal 1998, infatti, che la Dott.ssa Tomassini svolge attività di volontariato presso il Centro Recupero Fauna Selvatica della Lipu nel Bioparco di Roma e dal 2001 si occupa esclusivamente della gestione, riabilitazione e liberazione di questi splendidi mammiferi. Ed è anche referente Gruppo Italiano Ricerca Chirotteri per il recupero degli individui trovati in difficoltà.

Alessandra, come nasce la tua passione per questi animali che invece in molti non amano?
Difficile dare una risposta, gli animali, e parlo di qualsiasi specie, hanno sempre fatto parte della mia vita, lombrichi, merli, gatti, tartarughe, topi, ricci, porcellini di Sant’Antonio (sono dei piccoli isopodi),pesci rossi, rane lumache e bigattini sono stati i miei “compagni di gioco” fin da piccolissima ma non pensavo di diventare una naturalista. La prima volta che ho disegnato un pipistrello era per un compito delle scuole medie: bisognava disegnare la notte, e quali erano i mammiferi notturni per eccellenza? I pipistrelli. Li osservavo spesso la sera svolazzare sotto i lampioni. Durante l’adolescenza, il fascino della notte e di chi sa vivere e volare di notte prese consistenza. Poi li ho, finalmente, visti da vicino al Centro Recupero Fauna Selvatica erano dei piccoli esserini di poco più di un cm che dipendevano in tutto e per tutto dalla mano che li nutriva, esserini così piccoli da sembrare tanto diversi da noi, mentre a guardarli bene hanno una somiglianza incredibile con il corpo umano, in fondo sono bipedi anche loro e la differenza più evidente è che la loro mano è diventata una grande ala. Altra cosa che mi ha subito molto affascinato è stato rendermi conto della complessità della loro socialità, il loro bisogno di stare insieme, le simpatie che provano uno per l’altro, tutte cose che scopro ancora oggi, giorno dopo giorno, anno dopo anno.

Tu lavori a Roma. Quanti sono nella Capitale i pipistrelli di cui vi dovete occupare ogni estate e quante specie di pipistrelli ci sono, invece, in Italia?
I ricoveri che avvengono ogni anno sono sempre più in aumento. Presso il CRFS di Roma, ad esempio, ogni anno sono ricoverati oltre 100 individui tra albolimbati, savi, nani e una cifra maggiore, variabile tra i 200 e i 550 esemplari, di molosso di cestoni. In Italia vivono molte specie di chirotteri ce ne sono ben 35 diverse e molte vivono proprio in città, a stretto contatto con l’uomo, altre vivono nei boschi, altre ancora nelle grotte.

Qual è il periodo in cui c’è maggiormente bisogno del tuo apporto?
Da metà giugno a fine luglio, quando cioè avvengono le nascite ed i piccoli cadono dal rifugio, ovvero dalle nursery dove le femmine di pipistrello si riuniscono per partorire e crescere i loro piccoli. In queste settimane, oltre al recupero dei piccoli che cadono dal rifugio tentando i primi voli, mi occupo anche del monitoraggio delle colonie. Quando mi segnalano una colonia, infatti, mi reco sul posto per prendere più dati possibili che poi vengono confrontati con quelli degli anni precedenti. Questo è un lavoro che mi impegna quotidianamente e che spesso prevede anche un monitoraggio notturno.

Il tuo lavoro, comunque, oltre che sul campo è anche presso il Centro Recupero Fauna Selvatica della Lipu di Roma in cui fai volontariato da circa 13 anni. Di cosa ti occupi nello specifico?
Al CRFS della Lipu di Roma mi occupo della gestione e della riabilitazione dei chirotteri e di accogliere i nuovi arrivati i cui dati vengono annotati su una scheda. Quando ci portano un pipistrello dobbiamo controllare il suo stato di salute, offrire le prime cure del caso, conoscere dove è stato recuperato, controllare età e sesso e dare qualche informazione a chi lo ha portato. Spesso chi ci porta un “piccolo” viene a chiedere notizie, si informa sulla sua crescita, chiede che venga liberato là dove lo ha trovato e partecipa anche al momento del rilascio.

Quale consiglio ti senti di dare a chi trova un pipistrello caduto da un rifugio?
Quando si trova un pipistrello ferito o debilitato, la cosa migliore da fare è sempre quella di portarlo quanto prima al Centro Recupero Animali Selvatici più vicino. Gli indirizzi e i contatti telefonici sono reperibili su internet sul sito www.pipistrelli.net. Se ciò non fosse possibile è meglio telefonare agli esperti del Gruppo Italiano Ricerca Chirotteri che possono dare i primi consigli del caso. Anche il mio numero, 339 3605949, è reperibile su internet, così come la mia e-mail tutelapipistrelli@gmail.com. E’ fondamentale, infatti, non fare errori che possono portare anche alla morte dell’animale. Il mio consiglio è sempre quello di dare soltanto dell’acqua. In molti pensano erroneamente che ai piccoli di pipistrello si possa dare pane, biscotti, latte di mucca o frutta ma tutto ciò può essere letale per l’animale. Il pipistrello va inoltre sistemato in una scatola di cartone con una borsa dell’acqua calda messa da una parte in modo tale che l’animale possa scegliere la giusta temperatura.

Qual è il tuo compito, nello specifico, dal momento in cui ti viene affidato un piccolo di pipistrello?
Il piccolo deve essere alimentato più volte durante il giorno. Bisogna anche monitorare la sua crescita e, per questo vengono presi periodicamente il peso e la lunghezza dell’avambraccio perché è importante raccogliere dati scientifici sull’accrescimento in cattività. Almeno nei primi giorni, c’è anche bisogno di stimolarlo nel fare i bisogni, perché non è capace da solo. Infine, gli va dato un caldo giaciglio adeguato che poi deve essere cambiato quando il piccolo cresce ed ha bisogno di maggiore spazio. I pipistrelli sono animali molto delicati ed è facile fare errori che possono anche essere letali, quindi bisogna prestare molta attenzione ad ogni singolo individuo e rispettare le necessità biologiche di ogni specie.

La fase dell’alimentazione è senza dubbio quella più delicata. Tu, per la prima volta in Italia, hai messo a punto una tecnica che ti sta dando ottimi risultati, non è così?
Sì, ho messo a punto una tecnica molto efficace che prevede la possibilità di allattare i piccoli utilizzando un ciuccio “costruito” appositamente per loro. Questa tecnica è nata in America nel Bat World Sanctuary.

Nell’estate del 2011 hai documentato in un filmato l’utilizzo di questa nuova tecnica. Di che cosa si tratta?
Ho realizzato un documentario in cui viene raccontata la storia di un piccolo pipistrello albolimbato che è stato seguito dal momento in cui è caduto dal rifugio fino a quando gli è stata donata la libertà. Lo scopo del filmato, inoltre, era anche quello di sfatare tabù e falsi miti di cui questi fantastici animali, da sempre, sono vittime inconsapevoli. Il dvd ha una durata di 25 minuti e si intitola “Storia di un orfano di pipistrello”. Il filmato ha anche partecipato al recente Festival Internazionale del Documentario Scientifico delle Università e degli Enti di Ricerca ottenendo il favore della critica e della giuria popolare e la cosa mi ha riempita d’orgoglio.

Immagino che non sia facile descriverlo in poche righe, ma cosa provi quando liberi un pipistrello che hai raccolto appena nato, gli hai insegnato a mangiare e lo hai seguito nelle prove di volo?
Quello è il momento più emozionante di tutto il lavoro fatto in estate. Le sensazioni di quel momento sono molteplici da una parte c’è la gioia di liberare un animale selvatico, restituirgli la possibilità di vivere libero in natura, dall’altra c’è la preoccupazione sulla sua sopravvivenza. Da quel momento io non potrò più intervenire per aiutarlo, dovrà cavarsela in tutto e per tutto da solo e questo mi preoccupa. Emozioni contrastanti ma che ripagano di tutti gli sforzi fatti.

Ad oggi, quali sono i tuoi sogni che ancora vorresti realizzare nell’ambito della tua attività con i pipistrelli?
Di sogni ne ho tanti ma forse il più ambizioso è quello di realizzare un centro di recupero per pipistrelli, avere le strutture idonee per la loro riabilitazione perché purtroppo l’Italia non offre molto per questo tipo di lavoro, Vorrei anche portare avanti ricerche di etologia in cattività in parallelo con le ricerca fatte sul campo. Si potrebbe fare educazione ambientale per giovani e adulti, far conoscere a tutti il mondo segreto di questi straordinari mammiferi, così diffusi in ogni luogo sulla terra ed ancora così poco conosciuti. Avere un centro specialistico fatto ad hoc sarebbe una garanzia per gli animali e darebbe un grosso input alla ricerca scientifica, alla divulgazione, all’ambiente. Per ora questo è e rimane un sogno, la mia realtà invece è cercare di migliorare le tecniche di recupero e riabilitazione, magari con un viaggio in Texas presso il Bat Word Sanctuary il centro riabilitazione pipistrelli più avanzato del mondo, per permettermi così di aggiornare le mie competenze e per regalare a più pipistrelli possibili una vita in libertà.

8 Commenti

  1. lucia

    mi sono proprio commossa immaginando la tua esperienza in questo mondo misterioso e così fragile rispetto a tutto ciò che circonda loro e anche noi! Complimenti per tutto ciò che la tua immaginazione, la tua intelligenza, il tuo continuo impegno hanno realizzato e, sono sicura, continueranno a produrre!!! la tua mi sembra poesia …dedicata alla vita, con affetto e dedizione!

  2. Gianfranco Nizzica

    Brava!
    Ad averne di ragazze così!

  3. FRANCO MARRIi

    Gen.Alessandra,
    abito in una casa monofamiliare circodata dal verde e quindi molte zanzare.
    Ho acquistato una batbox e l’ho sistemata su di una colonna del portico sotto la grondaia del tetto a circa tre metri e mezzo dal suolo ma purtroppo dopo tre mesi dall’installazione non è ancora stata abitata. Ho sbagliato qualcosa?
    Grazie per l’attenzione ed esprimendole la mia simpatia, Le invio cordiali saluti.
    Franco Marri.

  4. anna maimone

    Finalmente anche in Italia esiste una associazione che si occupa di loro! grazie dottoressa per il suo prezioso impegno. Io ho vissuto in Belgio per 5 anni, là i pipistrelli sono protetti. Ho avuto la fortuna di recuerare e rimettere in libertà due adulti, svegliati dal letargo e caduti nel cestino della carta straccia del mio ufficio! Un’esperienza indimenticabile. Il musetto sembrava quello di un cagnolino! Oggi ho saputo di questa associazione e mi iscrivo subito. grazie ancora per la sua contagiosa passione (punto ul futuro di mia figlia, che vorrebbe fre la biologa zoologa….) Buon lavoro! anna maimone

  5. paola

    ciao, sono paola bruttini abito in comune barberino val d’elsa, dopo 4 anni, perlomeno io me n sono accorta, la mia BAT BOX , l’anno passato, è abitata da queste creaturine che hanno fatto la mia gioia. vedo che quest’anno sono molto aumentati gli escrementi e……la nostra felicità! Ma ho la preoccupazione di non sapere come fare con la BAT in inverno e per la manutenzione,potrei avere dei consigli? grazie mille paolabruttini@virgilio.it cari saluti

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