Una specie di pipistrello europea sembra possedere uno dei muscoli più veloci del regno animale. Le contrazioni del muscolo recentemente analizzato sarebbero 20 volte più veloci dei muscoli più rapidi del corpo umano, quelli che controllano il movimento degli occhi.
Il pipistrello di Daubenton è un piccolo mammifero volante diffuso in Europa e in Asia, e che apparentemente non sembra possedere alcuna caratteristica che lo differenzi dagli altri pipistrelli: usa l’ecolocalizzazione per cacciare insetti, si nutre di insetti, e vive generalmente all’interno di caverne e miniere.
In realtà, questa specie è dotata di muscoli superveloci, simili a quelli che consentono al serpente a sonagli di agitare la coda ed emettere il suo caratteristico segnale di avvertimento.
Il pipistrello, come tutti i suoi parenti che utilizzano l’ecolocalizzazione, vede l’ambiente che lo circonda attraverso una veloce sequenza di immagini sonar elaborate dal cervello sula base degli echi ricevuti. Più la sequenza di immagini è veloce, più sarà elevata la capacità del pipistrello di individuare una preda o evitare un ostacolo.
Un pipistrello emette circa 190 impulsi sonar al secondo, ma fino alla ricerca condotta da Coen Elemans, ricercatore della University of Southern Denmark, non si sapeva esattamente per quale motivo non fosse in grado di aumentare la frequenza degli impulsi per ottenere una visuale più fluida.
“Non era chiato come i pipistrelli fossero in grado di produrre questi richiamo in modo così veloce” spiega Elemans. “Abbiamo immaginato che questo ritmo dovesse essere limitato dall’abilità dei pipistrelli di processare gli echi di ritorno o di produrre gli impulsi sonar”.
Elemans ha scoperto che la ragione per la quale i pipistrelli non riescano ad emettere più di 190 impulsi al secondo è legata alla muscolatura faringea di questi mammiferi volanti.
Un pipistrello di Daubenton, infatti, è teoricamente in grado di processare qualche centinaio di echi al secondo. “I nostri dati suggeriscono che i pipistrelli possono teoricamente produrre richiami molto più velocemente, circa 400 impulsi al secondo, prima che gli echi di ritorno confondano l’animale”.
Il Myotis daubentonii è dotato di una serie di muscoli molto veloci che controllano le sue corde vocali, e grazie ai quali è in grado di emettere gli impulsi sfruttati dal biosonar per ecolocalizzare prede e ostacoli.
Questi muscoli sembrerebbero avere come limitazione fisica 190 contrazioni al secondo, il ritmo giusto per produrre la frequenza corretta di richiami necessari al pipistrello per controllare il volo.
Se 190 contrazioni al secondo non vi dice molto, è circa 100 volte più veloce delle contrazioni della muscolatura delle gambe umane, e 4 volte più veloce della muscolatura che controlla il sonaglio di un crotalo, che vibra ben 50 volte al secondo.
Questi movimenti estremamente rapidi sono possibili grazie muscoli definiti “superveloci”, ed è la prima volta che si riscontra questa caratteristica nei mammiferi. Fino ad ora è stata osservata nei serpenti a sonagli, in alcuni pesci, “ma anche negli uccelli, che li utilizzano per eseguire le loro meravigliose canzoni” spiega Elemans. “E ora li abbiamo scoperti per la prima volta anche nei mammiferi, il che ci suggerisce che questi muscoli, una volta ritenuti rari, sono più comuni di quanto si credesse in precedenza”.
I muscoli superveloci sembrano possedere caratteristiche differenti rispetto alla muscolatura tradizionale. Le cellule che li compongono hanno mitocondri in eccesso rispetto alla media, e una riserva di energia superiore al normale. Questi muscoli, sebbene si contraggano a ritmi impressionanti, non lo fanno con molta forza, e sono particolarmente adatti a piccoli movimenti rapidi che non richiedono potenza per essere eseguiti.
“Prima che i pipistrelli si evolvessero oltre 50 milioni di anni fa, i cieli notturni erano pieni di falene e altri insetti. Dopo il volo e l’ecolocalizzazione, pensiamo che i richiami alimentati da muscoli superveloci abbiano consentito ai pipistrelli di seguire con più precisione i movimenti irregolari degli insetti” conclude John Ratcliffe, membro del team che ha compiuto la scoperta.
Tratto da: http://www.greenreport.it